Indice:
1. Come nascono le emoji?
La rappresentazione delle realtà attraverso simboli in stile cartoon, non è qualcosa di nuovo.
Questa modalità di espressione è stata utilizzata sin dall’inizio del linguaggio.
Prima delle emoji esistevano le emoticon, cioè la punteggiatura che formava dei sorrisi o delle facce tristi, create nel 1982, dopo che lo scienziato informatico Scott Fahlman, suggerì di utilizzarle per aiutare le persone a chiarire il loro tono nei messaggi.
Nel 1999, un tecnico giapponese Shigetaka Krita, creò le emoji: immagini più colorate ed elaborate per esprimere al meglio il propri ostato d’animo.
Alcune ricerche ci dicono che le emoji ci aiutano a capire il tono di una persona, alcuni studiosi sostengono invece che questo funziona solo quando l’utilizzo avviene in frasi semplici.
Altre ricerche ci dicono che le emoji scelte, possono darci indicazioni anche sul body language di una persona e servono per comunicarci quei dettagli che mancano.
2. Dove le utilizziamo?
Le emoji vengono utilizzate in tantissimi contesti, sia personali che professionali.
Le utilizziamo nelle conversazioni con amici e familiari per comunicare meglio il nostro stato d’animo.
Le utilizzano anche le aziende nelle loro campagne di marketing e pubblicità con l’obiettivo di attirare l’attenzione dei consumatori e spesso con l’obiettivo di creare un’immagine del brand più amichevole e accessibile.
E infine vengono utilizzate sulle piattaforme di Social Media, come Facebook, Twitter e Instagram per aggiungere un elemento visivo e emotivo a post e commenti.
3. A cosa servono?
Utilizzate ormai in tutto il mondo e parte della comunicazione digitale, le emoji servono principalmente a dare un contesto emotivo a quanto comunichiamo e a trasmettere ciò che potrebbe essere complesso da esprimere solo attraverso il testo.
Possono essere utilizzate per aggiungere umorismo ai messaggi: una faccina che ride potrebbe per esempio, farci subito capire che qualcosa è divertente.
Ci sono persone che preferiscono utilizzare le emoji per comunicare un messaggio in maniera più rapida, rispetto al digitare una frase completa.
Per esempio utilizzare l’emoji di un aereo, potrebbe rapidamente far capire alla persona con cui stiamo parlando che “siamo in viaggio”
Inoltre ci sono molte organizzazioni e movimenti sociali che hanno creato le proprie emoji per rappresentare e promuovere le loro cause.
Ultimo, ma non meno importante, l’uso di emoji può essere un modo per aggiungere un tocco personale ai messaggi e potrebbe indicare la personalità e gli interessi di una persona.
4. Le emoji nel mondo
Mayank Kejriwal, ricercatore presso l’Università della California, ha condotto “uno studio empirico sull’uso delle emoji su Twitter in contesti linguistici e nazionali”.
Il risultato più interessante di questa ricerca, sta nel fatto che dominano la scena le emoji universali, mentre poco utilizzate sono le emoji più legate ad un aspetto nazionalista, come per esempio le emoji delle bandiere.
Questo è interessante perché se le emoji rappresentano la condizione umana, allora questo risultato ci spinge a pensare che in fondo siamo più simili tra noi, che diversi e ci fa sentire parte di una grossa community globale.
Se però le emoji vengono utilizzate nel modo sbagliato, possono separarci.
A tal proposito, menzioniamo la ricerca condotta dalla professoressa del dipartimento di Psicologia dell’Università di Ottawa, Isabelle Boutet.
Nella quale ha messo in evidenza l’impatto che ha l’uso negativo delle emoji nei messaggi di testo, constatando per esempio che inserire un’emoji accigliata o arrabbiata, in una comunicazione testuale già negativa aumenti di molto l’impatto emotivo di quel messaggio.
Nonostante l’uso delle emoji possa comportare sia dei vantaggi, che degli svantaggi, è innegabile che esse abbiano lasciato un segno indelebile sulla nostra cultura e sul nostro modo di interagire online, quindi è nostra responsabilità comprendere come utilizzarle al meglio.